"Il seme nero" II Classificato Premio narrativa "Storie ... nel cassetto" 2014

Data: 30.01.2014 | Autore: Palma Morosi

Il seme nero
Agugliano, 26.10.2043
Vite mie,
è desiderio di ogni madre che i propri figli nel corso della loro vita soffrano il meno
possibile. E' stato e lo è tutt'ora, anche per me! E’ per questo motivo che ho sempre voluto
trasmettervi tutto il mio sapere, tutte le mie esperienze, tutto ciò che ho compreso di questa vita così
straripante di domande e arida di risposte concrete e razionali.
Quando eravate piccoli spesso sono stata soffocante nei vostri confronti: era mio forte desiderio
voler vedere voi nutrirvi anche di questo mio sapere.
Ma tutto ciò prevedeva una cosa fondamentale: l’esperienza individuale, quella fatta in prima
persona, lo scottarsi le mani e sbucciarsi le ginocchia, lo sbatterci le testa e l’anima, quella che ti
butta a terra, ti fa piangere e disperare ma poi ti fa rialzare più forte di prima.
L’esperienza è quando scatta quel legame indissolubile tra la conoscenza e la sensazione toccando
le corde emozionali. Il sapere va provato e come dicevano gli antichi greci, l’individuo deve
sperimentare ciò che sa all’interno della realtà.
Non si apprezza in pieno una pietanza se non si impara anche a cucinarla, a gradirne le materie
prime e comprenderne la cultura dal quale è scaturita la ricetta.
La vita è uguale . E come in ogni sano ciclo di crescita vi ho lasciato sperimentare, ma ci son cose
che sul mio sperimentare non vi ho mai messo al corrente o se l’ho fatto, è stato in modo
superficiale. Non solo, affascinata della psicologia quale sono , posso affermare che le cose non
dette sono quelle più pericolose, sono quelle che rischiano di marchiare in modo indelebile intere
generazioni a seguire.
Non è mia intenzione lasciare ombre dietro di me.
E’ per questo motivo che le dita delle mie mani, contorte dall’artrite e dagli anni, si accingono ora
ad arare i campi bianchi di cellulosa, non con un bianco aratro, ovvero con una penna d'oca
d'amanuense, ma seminando ugualmente il mio seme nero, non con inchiostro antico ma con quello
di un moderno computer.
Non sono mai stata brava a scrivere, ho sempre preferito di gran lunga la lettura, oh si!
Pile di libri accatastate in garage, nello stanzino, accanto al comodino, sulla scrivania, ammassati
negli scaffali, nelle librerie, persino in sala, accanto e sotto il telefono, sul camino, in cucina, e se
avessi potuto anche in bagno (dove almeno uno non è mai mancato).
Ogni momento era buono per leggere.
Volevo che la nostra casa profumasse di carta e di inchiostro, che si respirasse l’aria del “sapere”,
della conoscenza.
Da bambini vi domandavo :
“Come ve la immaginate la mamma quando diventerà vecchietta?”
E voi:
“Su una sedia a dondolo con un plaid sulle gambe, davanti al caminetto a leggere libri”
ed io mi riempivo di gioia.
Invece sono ricurva , difronte a questa macchina tanto affascinante quanto misteriosa a lasciarvi
ancora una volta una piccola parte di me.
E adesso da dove inizio? Vediamo un po’ … visto che ho parlato del sapere, incominciamo da un
vecchio armadio.
Avevo undici anni quando i miei avevano appena finito di ristrutturare la nostra casa di Camerino.
Dodici stanze enormi dai soffitti dipinti , ognuna con disegni e colori diversi, di quelli che quando ti
metti a naso in su inizi a fantasticare su vecchie feste da ballo, con larghi vestiti principeschi e che
quasi ti sembra ancora di sentire le note di un valzer. Lungo il corridoio, che dava sulla corte
interna, a metà, un po’ in penombra, i vostri nonni avevano piazzato una vecchio ed enorme
armadio in noce, finemente intagliato, a due ante, trovato nelle cantine e appartenuto a zia Lellè.
Spinta dalla curiosità, un freddo, umido e buio pomeriggio autunnale, di nascosto da tutti, imboccai
il corridoio per curiosare nel vecchio armadio. Arrivai all’armadio con il timore che da un momento
all’altro saltasse fuori un fantasma, mi fermai ad osservarlo. Nel silenzio dell’oscurità chiusi gli
occhi, si sentiva il lieve scricchiolio dei tarli al lavoro nel legno.
“Speriamo non sia un fantasma, fossero gnomi al lavoro!” mi augurai mentre giravo la vecchia
chiave di ferro.
Feci un bel respiro profondo.
Lo aprii d’un colpo solo, spalancando tutto d’un botto le ante, sperando che insieme agli gnomi
saltasse fuori qualche vecchio abito, di quelli lunghi da indossare con mia sorella, per giocare alle
dame danzanti nel Salone Rosso.
Delusione! Lo trovai vuoto.
Non era il solito armadio porta-abiti. Con molta probabilità era stato l’armadio di un vecchio
corredo, aveva cinque tavole orizzontali, nessun bastone per appendere abiti e la cosa peggiore era
che puzzava ancora di canfora e naftalina.
In un angolo in basso a destra, nella penombra, vidi un qualcosa di colore rosa antico , forse una
scatolina? Presi in mano quello strano oggetto e mi accorsi che altro non era che un piccolo libro
rivestito di stoffa rosa. Lo aprii. Puzzava di umidità, le pagine erano ingiallite e logorate dal tempo e
qua e la vi erano piccole macchie circolari che andavano dal giallo ocra al marrone chiaro: “Il
castello dei magi” di Eric De Cys. Cercai e non so ancora il perché, la data in cui era stato stampato:
1934.
“Caspita hai ben 45 anni! Un po’ malconcio però, chissà quante ne hai passate! “ e presa dalla
curiosità, rannicchiata in un angolo con le spalle appoggiate a quel vecchio armadio inizia a
leggerlo. Impiegai pochi giorni, lo lessi tutto d’un fiato. Fui letteralmente ingoiata dal vortice delle
parole, dalla trama e mi ritrovai a vivere un'altra vita, un'altra meravigliosa vita, quella della
protagonista del piccolo libro rosa. Fu un'esperienza unica, nuova, appassionante.
Nonostante a undici anni avessi viaggiato tantissimo grazie al lavoro di vostro nonno, quello della
lettura del mio primo libro, fu il viaggio più bello ed entusiasmante.
Dopo pochissimi giorni tornai davanti a quel vecchio armadio, lo aprii con più confidenza della
prima volta e posai quel libro su un ripiano, mettendolo in posizione verticale.
Il mio primo libro!
Quel vecchio armadio fu la mia prima libreria. Passavo intere ore in tentativi inutili di pulizia per
rimuovere la puzza di canfora e naftalina ma ancor di più a reperire, sistemare e catalogare libri per
riempire i cinque ripiani.
Persino l’anziano signore che ci abitava di fronte, Sor Eugenio, un ingegnere in pensione delle
Cartiere Miliani di Fabriano e vedovo di una famosa medium degli anni cinquanta e sessanta,
intenerito da questa mia nuova passione, mi regalò ben cinque volumi rilegati in pelle contenenti
stampe di mappe dell’Italia prima del 1860. Lo stesso fece il Preside Mammana, amico di mia
madre, mi regalò tre fascicoli sulla storia dell’arte. In cantina trovai un libro su Benvenuto Cellini
del fine ‘800 ed altri libri scolastici degli inizi del ‘900. Raccoglievo di tutto, basta che contenesse
inchiostro su carta.
Dopo due anni dovemmo lasciare quella casa e il mio caro vecchio armadio, ma i libri no, quelli li
portai con me e mi hanno accompagnato per tutta la vita.
Il vecchio libro rosa è lì, in alto a destra sulla libreria del mio studio quasi a dare il via alla lunga
fila di libri che lo seguono, come se volesse dire orgoglioso "Io sono stato il primo!".
Vedete figli miei, a un'undici anni ho fatto mia la passione per la lettura, ho scoperto il piacere di
viaggiare tra le righe di un libro pur senza muovermi da casa.
In compagnia dei libri ho fatto viaggi stupendi, ho conosciuto un'infinità di persone, di vite, di
profili psicologici, di filosofie, di religioni, di luoghi. Ho appreso mille modi per amare e per
odiare, per vivere e per uccidere. Leggendo non ho solo arricchito il mio sapere, ho arricchito la mia
anima. Trovate un buon libro e troverete un buon docente ha scritto…non ricordo più chi!
Il libro dona! Tra il seme nero di un libro puoi trovare quella frase in cui l'autore trova il modo di
mettere le parole esattamente come avresti voluto fare tu per descrivere una determinata cosa, un
sentimento, ma non ci sei mai riuscito, eppure rispecchia tantissimo quell'angolo della tua anima ed
è allora che lo fai tuo! è lì che scatta la molla, è lì che l'autore ha fatto centro, il seme nero cresce
nell'anima del lettore arricchendola.
Una volta lessi che scrivere è l'arte di vivere la vita, quando lo fai descrivi ciò che sente e
percepisce il personaggio del libro e quindi l'autore stesso. Scrivere è l'arte che scaturisce dai cinque
sensi e dall'anima. Scrivere è seminare il seme nero.
Leggere è far crescere e nutrire la pianta del seme nero, è la conoscenza, il sapere, è poter aprire la
nostra mente!
Figli miei siate affamati di questo seme, aprite le vostre menti, non abbiate timore alcuno di pensare
diversamente dalla massa!
Un giorno di trent'anni fa, poco più che bambini, a cena, fremevate dal farmi una domanda a cui
non trovai risposta nell'immediato:
“Mamma quale è quella cosa
che teneva davanti a sé i buoi,
arava bianchi prati,
e un bianco aratro teneva
e un nero seme seminava?
Non mi arresi. Cercai in Internet la risposta e scoprii che questo "Indovinello Veronese" risaliva
all'VIII secolo D.C. e fu ritrovato come appunto sul bordo di una pergamena contenente un antico
codice. Alcuni studiosi, affermano ancora oggi, che esso sia il possibile embrione del volgare in
Italia, in quanto rappresenta il più antico testo pervenuto fino ad oggi in lingua romanzata.
Nel vostro gioco innocente c'èra molto più di un semplice rompicapo.
Eravate del tutto ignari che in esso era racchiuso un importante sapere!
Ah! Incredibile come a volte la saggezza può essere racchiusa nell’innocenza di un bambino!
Ora chiedo io a voi:
"Figli miei adorati, quanto c’è in voi e nei vostri figli delle piante del nero seme ?"
Sperando di aver saputo stimolare adeguatamente le vostre sinapsi, con immenso amore,
In eterno Vostra
Mamma

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